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  • SPIRITO INQUIETO

    Calgary nov. 25 2015

    spiritoinquieto

    “La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi.”
    Bruce Chatwin.

    Il primo mattino ha quel dono strano di fare da aggregatore ai pensieri dei giorni precedenti che, durante la notte, hanno lavorato e si sono scontrati e rimpastati creando delle mostruosità astratte. Le paure, lo stress, i sogni, i film, i libri, i blog, gli amici, le storie: tutto viene frullato durante il sonno, e poi restano solo dei vagabondi ricordi. La mente è un animale difficile da controllare o addomesticare. Vi sono persone che ricordano sempre i sogni, anche quelli apparentemente banali. I risultati che nella vita da sveglio i sogni ottengono, a volte e quello di aprire gli occhi, ed ecco un’idea, una soluzione. Un preciso mattino di settembre ho capito che cosa dovevo fare per non affogare nelle mie inquietudini. Ci sono dei momenti-cerniera, nella vita, dopo i quali niente è più come prima. In quei momenti vivi la catarsi di mille mostri notturni che convergono in un’unica idea che racchiude il tutto in un “basta”. Un momento che ridefinisce un prima e un dopo. Quell’istante rimane scolpito nel cervello ma non è statico. I mostri continuano a lavorare ogni singola notte dopo quel primo momento, e il ricordo comincia a prendere una piega blanda, fatta di formiche ammassate che lavorano e fanno un rumore piccolo e assordante e l’istante si adatta a quel che arriva dopo, come se si completasse dentro un contenitore in espansione. Si muove, vibra, graffia. Eccomi all’aeroporto di Lametia, pronto a partire ancora una volta verso la terra che mi ha ospitato per circa quindici anni: il Canada. Vado a vivere nell’Ovest canadese per circa tre mesi alla ricerca di qualcosa che soddisfi la mia fame di novità al tramonto di una vita vissuta da nomade. Sono cresciuto cercando di fuggire da un modello standard di vita ripetitivo e già scritto. Le conseguenze di certi istanti catalizzatori sono totalizzanti. Dovevo a tutti i costi partire! Con quella frase, quella conclusione, quella chiave di volta, ho messo le basi per quel che sono oggi. Con una decisione travagliata quel che avevo percepito ingenuamente, come la fine dei miei sogni, veniva cestinato inesorabilmente. Incredibile quanto possa modificare la realtà una semplice decisione. La mia inquietudine vorrei tanto trasferirla a persone che in qualche modo sentono questa voce interna, quasi un inno di libertà, alla libera circolazione degli esseri umani su questo pianeta. La vita delle popolazioni nomadi del passato e del presente è stata studiata e scelta da poeti, scrittori e artisti in genere. Arrivato a Edmonton nell’Alberta, ho annusato ancora l’aria di novità che si respirava e si respira ancora qui, nel Far West fra lande desolate, cieli infiniti e un vento che ti prende a schiaffi quando scende dalla calotta polare. Nomi mitici come il Saskatchewan river, Giubba rossa, Cervo Rosso, Toro seduto mi riportano in quelle terre senza dimenticare uno degli ultimi scrittori nomadi come il britannico Bruce Chatwin e la sua opera Anatomia dell’irrequietezza. Il libro è stato pubblicato postumo nel 1997 e rivela ciò che era la sua inquietudine di uccello migratore, devoto per istinto all’alternativa nomade, quasi da proporre il nomadismo come alternativa alla cosiddetta civiltà. Chatwin sosteneva che il nomade rinuncia, medita in solitudine, abbandona i rituali collettivi e non si cura dei procedimenti razionali dell’istruzione o della cultura. Alla fine degli anni ottanta lo scrittore si ammalò di AIDS, tenne nascosta la sua malattia e si rifugiò a vivere nel sud della Francia, dove trascorse gli ultimi mesi della sua vita su una sedia a rotelle. Morì a Nizza nel 1989, all’età di 48 anni. In un’epoca di sgomberi e deportazioni, incremento della xenofobia e dei conflitti etnico-culturali ancor più che razziali, vorrei finire i miei giorni da nomade, anche se lo sarò solo virtualmente.

    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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