Beaumont sur Mer 23 feb 2017
Mi stressa tanto guardare e annusare il marcio delle cose. Il marcio che emerge dal profondo di questo bistrattato paese. Siamo ad un punto di non ritorno. Questa vicenda è così grave, farà rompere ogni indugio agli indecisi. E anche per molti loro sostenitori quello che è accaduto è troppo. Sono sicuro che molti si stanno chiedendo cosa fare, fra qualche mese, alle urne. La frase “C’è del marcio in Danimarca” viene utilizzata per indicare azioni disoneste o imbrogli che si vogliono nascondere. Tradotta dall’inglese “Something is rotten in the state of Denmark”, tale citazione è presa dall’Amleto. L’opera teatrale, scritta ad inizio Seicento dal drammaturgo e poeta inglese William Shakespeare. La citazione “C’è del marcio in Danimarca” viene pronunciata dalla guardia del Re Marcello durante la quarta scena del primo atto, rivolgendosi ad Orazio, l’amico fidato di Amleto. Tale frase fa riferimento agli intrighi, tradimenti, inganni e alle brame di potere che aleggiavano sul trono di Danimarca, nazione in cui è ambientata la tragedia. Dopo oltre quattrocento anni dalla nascita di quest’opera, la suddetta citazione è ancora oggi di uso comune, mantenendone intatto il significato originario, ovvero quello di indicare il sospetto di qualcosa di losco in relazioni, istituzioni e sistemi apparentemente rispettabili e sani. “C’è del marcio in Danimarca”, fa riferimento non solo agli strani avvenimenti e alla presunta pazzia del principe, ma anche al precedente commento di Amleto che afferma che Danimarca e il mondo stesso sono “un giardino incolto, pieno tutto di malefiche piante”. Che il marcio abbia sommerso Amantea negli ultimi 30 anni non vi sono dubbi. Anni fatti da migliaia di promesse mai mantenute, nepotismi, favoritismi, incuria e prepotenze. Le diverse ed annose criticità della città avrebbero dovute essere portate a soluzione e richiedevano piena consapevolezza da parte di una classe politica attenta e volitiva, il sindaco, gli assessori e i consiglieri proprio perché primi referenti dei territori avrebbero dovuto avere piena conoscenza potendo essere determinanti nell’indicare valide alternative.
Oltre a ciò era possibile portare all’attenzione collettiva (chiaramente idea lontana anni luce dagli interessi particolari di chi governava) questioni che richiedevano la collaborazione dei cittadini che il generale distacco dalla politica ha reso indifferenti ed a volte poco sensibili. Tematiche importanti come la tutela dell’ambiente, il rispetto della natura, la protezione del mare, dei fiumi, la prevenzione di incendi, ma anche la predisposizione all’accoglienza legata al turismo, l’attenzione verso le fasce più deboli, l’assistenza sociale e sanitaria, avrebbero dovuto trovare opportuna trattazione e spazio con il coinvolgimento di ogni comunità. Questi signori delle passate Amministrazioni, ricicciano in questo periodo come la primavera. I loro Sparaballe sono già all’opera con le future promesse ai poveri indigenti e non solo. La voce di Sparaballe, non fece in tempo a spargersi, che una lunga fila di bisognosi si presentò allo sportello. I casi più drammatici, furono trattati a parte, come si conviene per carità cristiana, con chi soffre di più. Tra quelli con la coppola in mano, la tessera numero uno , uno dei casi più pietosi. A seguire, scorrendo la lista dei questuanti, rampanti immobiliaristi, costruttori, manager, società calcistiche, armatori, tutti uniti da un unico filo conduttore: l’amore, quello incondizionato per le generose mammelle amministrative, oltre ad essere una garanzia di appartenenza. Ma si sa, le disgrazie sono sempre dietro l’angolo, e il caro Municipio, non si sa come o forse perché qualcuno non sa contare bene, sbaglia i conti e finisce in brutte acque. O, forse, c’è sempre stato. Fatto sta, che ad un certo punto, il livello dell’acqua aumenta di colpo e le risorse economiche verranno date per annegate sotto uno tsunami di liquidi inesigibili. Molti pensano che sia ora dell’estrema unzione, ma, è risaputo, gli amici e parenti, si vedono nel bisogno. Tutti accorrono al suo capezzale. mentre a piedi rimangono come sempre tutti gli altri, i cittadini del paese, uomini, donne, bambini, anziani, ragazzi e persino i poveri, quelli che non possiedono nulla. Dopo lo scioglimento della Giunta, ho ricominciato a sentire il marcio con quel suo inconfondibile odore. Ma che odore ha il marcio di Amantea? Lo si ricava dalle impressionanti testimonianze raccolte per le strade della cittadina che raccontano nell’uso alienante di una lingua “di mezzo” gli afrori, le puzze, le abitudini dei gregari dell’immenso marciume: ascelle mal lavate, piedi sporchi, fiati vinosi, conati di vomito, perfino scoregge. Tutto l’armamentario di quegli uomini “veri” che ubbidiscono a coloro che intrattengono rapporti col mondo che conta. E allora ecco che quella puzza viene coperta da profumi grevi, costosi e al feromone. E intorno la desolazione di un marciume che prima che simbolico è reale: il solfuro di idrogeno proveniente da sistemi fognari delle acque reflue, noto anche come gas fognario; estremamente tossico per gli esseri umani; odore di periferie abbandonate, di immondizia, di pesce scongelato e di malaffare che rotola nel mare di Ulisse sotto forma di “massi” .
Gigino A Pellegrini & G el Tarik