Da qualche anno a questa parte, la vena artistica è fortemente improntata al recupero e al riciclo creativo. Nel web questi termini vengono usati spesso impropriamente, a volte in modo intercambiabile. Solo recentemente, si sono apportate delle modifiche alla classificazione di alcuni lavori e all’assegnazione delle etichette. Il termine recupero ha acquisito una doppia accezione di significato.
Da un lato si riferisce al materiale di recupero, ossia tutti gli oggetti, i mobili o i cosiddetti “scarti” che si possono reperire facilmente nei nostri garage, nei mercatini o addirittura nelle discariche, e che possiamo utilizzare creativamente.
Dall’altro riguarda l’azione di recuperare mobili od oggetti (rovinati o deteriorati) restaurandoli o decorandoli, facendoli tornare utilizzabili per il loro consueto uso,
L’altro concetto è il riciclo creativo, che, viene più frequentemente confuso con il termine riuso che è la destinazione di oggetti comuni ad un utilizzo diverso ma pur sempre simile a quello originario, con o senza un intervento di abbellimento. Per esempio, il fatto di utilizzare le confezioni di detersivo per contenere altri oggetti; la loro funzione rimane sempre quella di contenitori.
Se invece una bottiglia dell’olio diventasse la base per una lampada, allora si deve parlare di riciclo. Credo infatti che il riciclo si debba riferire alle situazioni in cui un oggetto, o una parte di esso, entri (come dice la parola stessa) in un nuovo ciclo, cioè diventi parte di qualcos’altro come elemento principale o secondario. Il riciclo creativo (Creative Upcycling) è una forma d’arte, pratica di rispetto dell’ambiente o base per nuove forma di innovazione?
Tutte e tre queste definizioni sono esatte perché descrivono diverse sfaccettature di una stessa realtà. Il riciclo è di sicuro una pratica di rispetto per l’ambiente necessaria per la sostenibilità ambientale del moderno modello di sviluppo. Allungare la vita degli oggetti e dei materiali si contrappone alla cultura dell’usa e getta che ci porta a sovrautilizzare le risorse che il nostro pianeta ci può offrire. Quando poi il riciclo diventa creativo esso lascia spazio a forme d’arte e libera espressione della propria fantasia, creatività e voglia di vedere oggetti nascosti dietro ad altri. Il designer e il progettista del riciclo creativo sono anche degli innovatori perché sono in grado di progettare in un modo che rompe gli schemi, utilizzando nuovi materiali, nuove forme e nuovi modi di pensare e vedere le cose.Torniamo al termine upcycling e ripartiamo dal concetto di “Cradle to Cradle”. Il termine upcycling, infatti, è stato coniato nel libro Cradle to Cradle di William McDonough,pubblicato dalla North Point Press nel 2002; trad. it. “Dalla culla alla culla”, stampato dalla Blu di Torino nel 2003. Qui l’idea che un prodotto abbia una ‘vita’ lineare, cioè “dalla culla alla tomba”, viene stravolta e trasformata in un ciclo. Nel “cradle to cradle” ogni componente di un progetto è disegnato in modo da poter essere riciclato, o meglio ‘upcyclato’. Senza adottare una visione così categorica si può affermare che l’upcycling significa “creare” cose nuove.
Nella definizione di upcycling rientrano dunque aspetti estetici e pratici: trasformare una cosa in qualcosa di differente e che ci piace.
Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik