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  • L’INCHINO DAVANTI AL CHIOSCO DI ANDREA

    Beaumont sur Mer Marzo dopo Pasqua

    inchand

    Si possono rassegnare le dimissioni da una setta politica, e, in uno Stato totalitario, ci si può rifugiare almeno nella “emigrazione interna”; ma per gli uomini  di potere, in questa cittadina divenuti auto-regolanti, rassegnare le dimissioni è altrettanto impossibile quanto rassegnarle dai loro proprio io, divenuto “capitale umano”. La coscienza viene collegata al meccanismo onnipresente della cosiddetta opposizione , che obbliga a mentire senza sosta a loro stessi, ragionando nei termini della Neo-lingua arrogante e assassina:  la paura sociale è auto-liberazione. Cento anni fa, Rimbaud aveva già formulato, in maniera ineguagliabile, la schizo-analisi dell’uomo moderno: “io è un altro”. Non è più comprensibile né accettabile che una intera cittadinanza si nasconda dietro alle malefatte degli Amministratori. Nessuno può chiamarsi fuori perché è stato il voto cittadino che ha eletto Corrotti, Ingannatori, predoni e perfidi, non può considerarsi vittima. E’, invece, complice a tutti gli effetti, “democraticamente” parlando. Vi si chiede di conformarvi ad un’obbedienza zelante e incondizionata – altrimenti costretti a restare sul bordo della strada, perdere la propria esistenza sociale, e rischiare di morire prematuramente. E’ successo A Peppino Pallarino e la sua capanna alla Robinson Crusoè; Non macchiatevi le mani di sangue insieme a quelli che avete eletti.  Il chioschetto di Andrea Ganzino è sotto gli occhi di tutti, non solo a tutti quelli che passeggiano e se ne fottono. Non c’è più bisogno di un sistema di sorveglianza burocratica per sanzionare i “perdenti”. La cosa è perfettamente regolata dal lugubre potere anonimo della macchina sociale. Il potere delle cieche leggi sistemiche che violano le risorse naturali e l’essere umano, si sono oramai emancipate da qualsiasi volontà sociale – e dunque anche da quella della soggettività della gestione. Il Paese che mi ha dato i natali si è trasformato
    in un deserto senza compassione, senza coscienza, senza vita. In questa realtà automatizzata, ogni pensiero critico che si interroga sul senso e sul fine di questa folle situazione viene immediatamente soffocato dal belato assordante delle pecore votanti. Non è il cambiamento sociologico del potere e dei suoi detentori a rappresentare l’emancipazione, ma il superamento della forma sociale, quindi di questo sistema moderno cui partecipano tutte le classi sociali. Vi si trova anche un pizzico dell’idea che il “lavoro” non sia un principio ontologico, e soprattutto non sia un principio emancipatore ma, al contrario, il principio del potere repressivo che sottomette gli animali domestici a questo fine in sé irrazionale di “produrre per produrre”, simbolizzato dalla figura del cavallo da tiro abbrutito, Gondrano, nella “Fattoria degli Animali” di una sorta di Stakhanov che vuole risolvere tutti i problemi con il motto: “Lavorerò ancora di più e più duramente!” – per essere alla fine venduto al macellaio da Napoleone quando, esausto, non potrà più lavorare. La situazione di Amantea e degli Amanteani mi ha riportato alla mente Eric Arthur Blair. Ai più, forse, questo nome non dirà niente di che, ma senz’altro conoscete tutti (vero?!) lo pseudonimo con cui è passato alla Storia: George Orwell.

    Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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