Leonardo Sinisgalli nacque il 9 marzo 1908 a Montemurro, in provincia di Potenza, da Vito e Carmela Lacorazza. La sua casa natale si trova a strapiombo sul fosso di Libritti, una intricata boscaglia che fu anche rifugio di briganti, luogo a cui il poeta rimase sempre legato. Sinisgalli aveva quattro sorelle e un fratello, Vincenzo , giornalista e scrittore, collaboratore di varie riviste (tra cui Il Mondo di Pannunzio) e rubriche radiofoniche nazionali. Leonardo si laureò in ingegneria all’università “la Sapienza” di Roma; divenne ingegnere e pubblicitario, fu collaboratore della Pirelli, della Finmeccanica, dell’Olivetti, direttore generale dell’ENI e collaboratore di Alitalia, dividendosi tra Milano e Roma, frequentando nella capitale i primi membri del movimento artistico Scuola romana. Fu anche contattato da Enrico Fermi, il quale lo voleva tra i suoi allievi, ma egli preferì la poesia all’atomica. I suoi versi destarono la curiosità di Ungaretti, al quale si legò in una lunga amicizia. Antifascista, dopo l’8 settembre 1943 aderisce alla Resistenza romana, il 13 maggio dell’anno successivo viene arrestato nella sua abitazione dalle SS, che trovarono il suo indirizzo nel taccuino di un arrestato. Fu rinchiuso nella famigerata prigione di via Tasso. Venne poi liberato dagli Alleati al loro arrivo nella Capitale. Dopo la Liberazione di Roma, torna nella sua Montemurro. Nel 1953 fondò e diresse fino al 1958 la rivista culturale della Finmeccanica “Civiltà delle Macchine”, pubblicata fino al 1979. Sinisgalli poeta appartiene a quella generazione inquieta in cui si possono annoverare anche Eugenio Montale, Alberto Moravia, Cesare Pavese, Elio Vittorini, Guido Piovene, i quali formatisi nei duri anni del fascismo, ebbero sempre un angoscioso travaglio intellettuale dettato dalle difficoltà di quegli anni di cambiamento. La poesia di Sinisgalli è caratterizzata da una particolare amarezza di fondo nonché da un senso di insoddisfazione continuo. L’amarezza è nutrita anche verso la sua condizione di emigrante, costretto a lasciare la propria terra dove non esisteva alcuna possibilità di sbocco professionale, ancor meno intellettuale. La sua lirica, che si riconnette alle esperienze e al gusto dell’ermetismo (tra le molte raccolte: Poesie, del 1938; Campi Elisi, del 39; Vidi le Muse, del 1943; La vigna vecchia, del 1952; L’età della luna, del 1962; Il passero e il lebbroso, del 1970; Mosche in bottiglia, del 1975; Dimenticatoio, del 1978), appare regolata su due toni prevalenti: uno satirico, che traspone in un denso analogismo ogni motivo autobiografico; l’altro melanconico, che riammette quell’autobiografia. Molto spesso nelle sue opere sono presenti aneddoti e luoghi d’infanzia: talvolta questi elementi appaiono banali, ma di fatto rispecchiano proprio quella inquietudine e amarezza. L’altro aspetto fondamentale della poesia di Sinisgalli è quello del legame intellettuale che deriva dalla sua formazione ingegneristica e matematica, che assieme alle nozioni tecniche di geometria costituiscono un legame che ha molto influenzato le sue opere. Il grande merito e l’originalità di questo poeta consiste proprio nel tentativo di accordare la scienza al sentimento. Soprannominato dai critici il “poeta ingegnere”, Leonardo Sinisgalli muore a Roma il 31 gennaio 1981: la sua salma riposa nel cimitero di Montemurro, nella cappella di famiglia che lui stesso aveva progettato.