Edmonton dec 1 2015
Nel mondo tecnologico in cui l’umanità è immersa non ci si rende conto di essere diventati altro, metà umani e metà cyborg, non si sono percepiti gli spostamenti sotterranei e le trasformazioni silenziose prodotte dalla tecnologia. Oggi non si riesce a cogliere quando e dove questi cambiamenti sono avvenuti, non si riesce più ad isolarli nel tempo ed a descriverli in modo saliente, si riesce a cogliere solo il risultato finale e l’uomo si ritrova a vivere in paesaggi diversi la cui configurazione è frutto, soltanto in parte, della propria azione. Qualcosa si è consumato, si è rotto ed è privo di forza. In particolare, gli uomini di oggi vivono le conseguenze di una trasformazione rapida della società dovuta alla modernizzazione di metà del secolo scorso, dall’inflazione di informazione attraverso codici che non sono più quelli dello scrivere e del leggere ma privilegiano l’immagine come medium e da una visione del sapere basata sul connubio tra scienza ed economia. Le conseguenze sono, in primo luogo, un indebolimento della coscienza del tempo e porta l’uomo pragmatico, che vive solo il presente, a non essere in grado di considerare che proprio quel presente non è un semplice frammento di vita ma è collegato ad un passato ed orientato ad un futuro. E’ una persona che non è in grado di fare un progetto di vita perché il suo tempo è un insieme di tanti presenti fra loro autonomi dove il tempo trascorre senza che questo diventi una storia. Quando una trasformazione avviene, all’improvviso si scopre che la vita è organizzata in modo diverso, che è cambiato il modo di interagire con il mondo esterno e anche il modo di riflettere e percepire la propria persona. La trasformazione non vede l’uomo come soggetto protagonista perché procede discretamente attraverso l’influenza, l’avvenimento particolare e la pervasività, perché è progressiva e continua, perché non interessa solo un limitato contesto conoscitivo ma è globale. L’accelerazione del tempo che cresce a dismisura e l’impossibilità di “umanizzarlo”, di imporgli un tempo degli eventi umani, rivela un processo che appare quasi un continuo epilogo, una stazione finale, piuttosto che un viaggio verso il futuro. L’indotta globalizzazione, facendo leva su istanze che fingono di promuovere l’emancipazione umana, in realtà sta appiattendo il pensiero e l’agire su scala planetaria, procede, infatti, a realizzarsi ignorando completamente quei valori morali e culturali che, da sempre, hanno veicolato ogni autentica aspirazione universalistica. Nessuno accende candele o sgozza agnelli in onore dell’Uomo, ma in compenso si cambia la geografia del pianeta e si cancellano con disinvoltura intere culture semplicemente perché ciò è utile allo sviluppo della umanità. Così vengono giustificati questi eventi. Anzi, il livello di antropizzazione del paesaggio e di industrializzazione dell’economia sono diventate delle misure dello sviluppo di un paese. Per alcuni il futuro è popolato di robot e di viaggi intergalattici. Per altri è un regno di pace e prosperità per tutti. Per altri ancora un’epoca di profonda consapevolezza, oppure un mosaico di pacifici villaggi contadini e via di seguito. Ma quale che sia la variante, tutti sembrano essere fiduciosi nel futuro. Viene considerato una specie di diritto inalienabile. Circa 40 anni orsono, il primo ministro canadese Pierre Elliot Trudeau introduceva il “multiculturalismo” come strategia culturale e come insieme di politiche. Fu poi adottato in Australia, per diventare negli anni ottanta un simbolo delle politiche progressiste in Gran Bretagna, Olanda e Germania. Per circa trent’ anni, la sua crescita è apparsa inarrestabile e il picco è stato legato a un’interpretazione liberale della cosiddetta “politica dell’identità”, che – secondo molti – avrebbe dominato la sfera internazionale dopo il 1989 (anno della fine del muro di Berlino). Il tramonto della politica basata sul concetto di classe. In suo nome, minoranze etniche, razziali, linguistiche, sessuali e religiose hanno rivendicato diritti e riconoscimenti in varie sfere della vita pubblica: dal governo regionale e la rappresentanza politica ai programmi scolastici. Da una ventina di anni non è più così, come tutti sanno. Citizen Kane, abusivamente e volgarmente tradotto in italiano Quarto potere, scritto e diretto da Orson Welles, è considerato dalla critica un capolavoro del cinema di tutti i tempi. Non è mai stato svelato il segreto del nome con cui si chiude il film; nome che è anche il segreto del potere e del successo del protagonista: la parola segreta è “Rose Bud” ovverosia bocciolo di Rosa.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik