Paola, giugno 2016
Sarebbe curioso se i propri scritti dovessero essere lo specchio della propria vita e del proprio sentiero su questa terra. Si vorrebbe tanto una vita meno caratterizzata da forti travagli interiori. Un percorso esistenziale meno difficile, più corto , fatto di meno cadute rovinose. Qualcuno ha scritto “Gli spiriti non sottomessi sono il sale della terra e i responsabili degli dei”. Queste parole sono forse quelle che più spiegano la complessità dell’esistenza, complessità che ha devoluto interrogativi essenziali nella vita di qualcuno. Frequentare corsi di filosofia, incorrere in varie delusioni esistenziali. Sostenere che per conoscere un amore bisogna distruggerlo. Il primo guitto di ribellione verso la propria esistenza è stato, lanciarsi verso un mare sconosciuto, verso la libertà. Paesaggi, genti, nuove frontiere rinverdivano un’anima troppo ripiegata tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Deve averla spaventata col suo amore; all’inizio, quando era ancora allegro, le piaceva di più. È colpa della Calabria, continuava a ripetersi. Hanno un’andatura pesante. Nel mondo si sentiva forte, mentre qui ha cominciato a piangere. “Bisogna aver vissuto un po’ per comprendere che tutto quello che si insegue in questa vita si ottiene solo rischiando a volte quello che più si ama.” Non si sa se ridere o piangere, ancora. E’ come se domani mattina ci si accorgesse di avere un guasto serio all’automobile e, rivolgendosi presso la concessionaria dove la si è acquistata, dicessero di portarla direttamente alla casa madre per farla sistemare perché loro erano in grado di riparare solo guasti semplici. Un’emozione di indecenza determinata da un giudizio negativo che una persona emette sulla propria persona, a causa dell’inadempienza a certe norme o modelli di comportamento che si pensa di non possedere. La vergogna. Questo senso di inadeguatezza, derivante da un giudizio negativo, proprio o degli altri, sulla propria persona. E’ quell’atteggiamento di chi china il capo, guarda in basso, evita lo sguardo degli altri ed ha un irrefrenabile desiderio di nascondersi, di fuggire. E’ la valutazione negativa di non essere secondo quanto richiesto dalle regole sociali richieste dal gruppo a cui si appartiene. Si tratta infatti di un’emozione di disistima causata da un giudizio negativo che viene emesso sulla propria persona. La vergogna prorompe anche nel ricordo di situazioni negative passate, quando ci si trovava in determinate situazioni sociali e ci si odiava perché non si era saputo dire quanto si voleva dire, non aver saputo comportarsi, reagire. Tutto questo occupava la mente una mattina qualunque in una squallida aula di tribunale meridionale con soffitti fatiscenti quanto i frammenti di discorsi che entravano nelle orecchie, disturbavano il flusso di pensieri inutili e lo sguardo panoramico su strane creature spaesate, aspiranti avvocati e altri esseri sciorinanti conoscenze letterarie da supermercato. Questi non provavano nessuna vergogna e neanche un senso di inadeguatezza sociale. Erano nel loro habitat naturale. La trasgressione e mancata adesione ai comportamenti di quel gruppo aveva come conseguenza un sentimento di disagio, un sentimento di turbamento, perdita di autostima, isolamento, sofferenza, oltre al biasimo sociale concreto e reale dell’intera comunità, fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’emarginazione. Non erano loro gli alieni.
“Urlare quello che tutti urlano, picchiare quello
che tutti picchiano. Stare dalla parte della
maggioranza che ha sempre ragione:
così non c’è mai il rischio di perdere una sola partita.”
Gigino A Pellegrini & G el Tarik