Comunicare, consiste in un’ abilità relazionale che può essere ulteriormente affinata e migliorata. Il risultato positivo (o negativo) nelle nostre relazioni interpersonali risulta connesso alla capacità individuale di comunicare in modo adeguato con gli altri. Tale considerazione porta sicuramente ad un miglioramento qualitativo dei rapporti sociali con migliore qualità della vita sociale. Uno dei problemi che caratterizza la società attuale, è rappresentato proprio da queste problematiche. Nelle famiglie, in ambito lavorativo, ma anche nella sfera sentimentale e delle amicizie emergono situazioni nelle quali, taluni vuoti comunicativi portano a stati di insofferenza, incomprensioni ed attriti. La vita quotidiana di ogni persona radicata nelle relazioni sociali, ha modificato la sua ragion d’essere. Il rapporto tra le persone e internet o più comunemente con i Social Network ha nettamente alterato le abitudini delle persone, portandoli ad una febbre Social. I Social Network restano in vetta alla classifica, mostrando una presenza di utenti altissima. C’è un però: l’uso indiscriminato di Internet ha dei risvolti negativi con annessa perdita della memoria culturale. E’ ciò che dichiara il professor Mark Bauerlein, nel suo libro: “The Dumbest Generation: How the Digital Age Stupefies Young Americans and Jeopardizes Our Future” sostenendo che : “la crescita online produce un sottosviluppo intellettuale e un’ossessione per l’opinione dei compagni”. Spesso, questi stati di disagio, vengono celati, attraverso un’ immersione totale e patologica nel lavoro, oppure costruendosi una sorta di corazza, che porta a chiudersi rispetto agli altri e a sviluppare un individualismo esponenziale. La natura dell’ essere umano è geneticamente portata alla necessità di comunicare,collaborare, e nella cooperazione con gli altri individui. Nell’era dei Social Network, di Internet e degli sms, in cui la comunicazione e’ una realtà diffusa a tutti, curiosamente si vive in un clima di insicurezza, e di instabilità emotiva. Alcuni valori, tipici della società, ad esempio validi fino a circa 20-30 anni addietro risultano oggi vacillanti. La verità è che per molti utenti, internet è una fonte di svago e di distrazione, che li allontana dalla vita comune e dalle relazioni sociali, sostituite da quelle virtuali. Naturalmente, oltre al linguaggio verbale, esistono molti altri modi di comunicare: baciarsi, toccarsi, ridere, disapprovare, e anche ‘non parlare’. Tuttavia parlare è di gran lunga il miglior modo per rendere chiara ed esplicita la comunicazione tra gli esseri umani. Gli altri modi di comunicare sono molto importanti, ma perché siano d’aiuto, prima dobbiamo parlare. Della quotidianità abbiamo molte ragioni per parlare. Alcune sono ovvie (dire ai bambini di non toccare la stufa calda, raccontare una barzelletta, chiedere i risultati delle partite di calcio, informarsi degli ultimi acquisti, ecc.), altre, invece, lo sono molto meno, come il semplice desiderio di essere ascoltati. In molte circostanze, in particolare quando le cose vanno male, parlare aiuta a togliersi un peso dallo stomaco e serve per essere ascoltati. Un esempio abbastanza comune è il comportamento dei bambini. Se rimproverate vostro figlio, spesso dopo lo sentirete bofonchiare con il suo orsacchiotto o redarguire il suo pupazzo preferito ‘rifacendovi il verso’. Non si tratta esattamente di un dialogo o di una conversazione, ma ha una sua utilità, perché allenta la pressione. Questo è molto importante perché noi siamo in grado di sopportare il carico di tensione solo fino ad un certo punto. Non oltre. I sentimenti inespressi prima o poi fanno male. Non più ricerche con manuali ed enciclopedie che producevano effetti benefici sulla memoria e sulla cultura, ma ricerche copiate e incollate da internet che non fanno altro che degenerare il quoziente intellettivo, rendendo tutto più disponibile, semplice e banalmente intuitivo. Non più giochi nel cortile di casa con gli amici del paese, ma giochi in virtuale con sfide anche tra chi abita a due metri di distanza. Non più inseguimenti dell’amata/amato nel locale che frequenta con la speranza di trovarla/o. Basta contattare Facebook, che rende più semplice l’approccio e il corteggiamento. L’amore ai tempi di internet è meno personale e intimo e l’idea di identità viene oscurata da un’icona che identifica l’utente. Il timido ha più possibilità di avvicinarsi attraverso il Social, ma limita la possibilità di migliorare le sue potenzialità perché nascosto dietro al monitor del pc è meno capace di relazionarsi nel mondo reale. La comunicazione tradizionale del faccia a faccia sta drammaticamente scomparendo, sostituita da metodi più “semplici e intuitivi”, ma superficiali e opposte al senso comune di identità sociale. A tale proposito viene in mente un film di Robert Altmann “Short Cuts” banalmente tradotto in italiano: “ America Oggi” Internet è un modo per crearsi una seconda identità, ma allo stesso tempo uno strumento che non ci fa individuare punti di riferimenti condivisi come le piazze, il bar, la piazzetta del vicinato, la casa dell’amico dei giochi, ma un nuovo spazio di ritrovo mediatico che limita fortemente la personalità. E’ vero che Internet e i Social ci aiutano a trovare persone che non si trovano da tempo e a stringere nuovi legami, ma il cyberspazio è una realtà virtuale, non reale. L’arrivo del digitale e dei social media è stato salutato da alcuni con la stessa gioia con cui nei villaggi medievali si salutava l’arrivo della peste: qualcosa di sconosciuto e potenzialmente letale. Si è dunque attivato il meccanismo delle varie fasi del lutto: la fase iniziale di solito è quella del rifiuto, seguita dalle fasi intermedie che portano all’accettazione. La reazione è stata per così dire, disumana: il digitale c’è e quindi bisogna esserci. E così ci si è entrati. Non so quanti di voi ricordano la famosa scena di Totò e Peppino in piazza del Duomo (Totò, Peppino e la Malafemmina, 1956): lo sbarco per alcuni nel mondo digitale è stato simile a quella situazione: Totò con Peppino all’uscita dalla stazione ferroviaria a Milano :Toto: “Ma dico io, adesso che siamo a Milano, vogliamo andare a vedere questo famoso colosseo?” Insieme a Peppino si rivolge ad un vigile: “Excuse me… bittescèn, noyo volevàn savuàr l’indiriss… ja?”…. Risposta del vigile milanese : “m’ha ciapà per un tedesco?”
Gigino A Pellegrini & G el Tarik