Quel tratto di spiaggia calabrese, ricco di vigneti e di ulivi, che si adagia lungo l’ azzurro del mare Jonio, ai piedi delle ultime ramificazioni dell’ Appennino, fu, in tempi molto remoti, la delizia degli antichi Greci. Ma nel Medioevo, quando “il corsaro fè quest’acque infami”, i poveri abitanti dovettero abbandonare le loro verdeggianti pianure, circondate dall’azzurro del mare, e le loro belle città: Sibari, Crotone, Locri, ed appollaiarsi sopra la sommità di qualche duna delle ultime diramazioni dell’Appennino Calabrese in misere case, spesso rannicchiate intorno ad un dominante castello, valida difesa contro gli assalti dei pirati. Tale certamente fu l’origine dell’antico “borgo” di Bovalino. Sollevando lo sguardo a settentrione verso l’alta cima dell’Aspromonte, si scorge a poca distanza sopra il dorso di un burrone, un insieme di vecchie case, dominate dai ruderi di un antico castello. Questo è appunto tutto quello che rimane di questo antico paese. Certamente anche dopo il medioevo Bovalino dovette godere molta importanza; infatti è storicamente accertato che da questa marina nel 1571 salpò per la celebre battaglia di Lepanto una galera, comandata dal conte Marzullo. A Bovalino nacque nel 1572, Camillo Costanzo da una nobile e ricca famiglia, oriunda dalla città di Cosenza. Il padre si chiamava Tommaso e la madre Violante Monsano. Poco sappiamo della sua adolescenza. Certo è che ben presto si diede agli studi letterari e con gran profitto, come si può facilmente rilevare dalle sue opere. Dopo i primi insegnamenti ricevuti a Bovalino, andò a studiare Diritto Civile presso l’Università di Napoli. Terminati gli studi partì come soldato tra le milizie del generale Spinola all’assedio di Ostenda nelle Fiandre. Ritornato in Italia, all’età di 20 anni entra nel collegio della Compagnia di Gesù a Napoli. Nel 1593 si trasferì nel Collegio di Nola e 4 anni dopo andò ad insegnare grammatica nel Collegio di Salerno, mentre nel 1601 divenne responsabile dell’oratorio dello stesso collegio. L’anno dopo, nel 1602, all’età di 30 anni fu ordinato sacerdote e di sua spontanea volontà partì missionario per la Cina. Arrivò a Macao nel marzo del 1605 ma, a causa dei portoghesi che impedivano il passaggio ai missionari, si diresse in Giappone e, dopo aver superato una formidabile tempesta, sbarcò a Nagasaki il 17 agosto 1605. Qui, studiata per un anno il giapponese, gli venne assegnato il regno di Bugen, quindi la città di Sakai, dove in sei anni convertì più di 800 fedeli, molti dei quali morirono per la fede. Nel 1614, a causa di una persecuzione fu costretto a tornare a Macao, dove stette sette anni scrivendo in perfetto giapponese 15 libri in confutazione degli errori dei testi sacri a Buddha, e due in difesa della fede cristiana. Nel 1621, travestitosi da soldato, tornò in Giappone, rifugiandosi nell’isola di Firando, oggi Hirado. Dopo tre mesi si apprestava a salpare per Noscima, ma fu pregato da una donna cristiana di convertire il marito. Questi, visto il missionario, corse ad avvertire i soldati, che lo arrestarono. Fu portato nell’isola di Ichinoscima in attesa della sentenza. Riportato a Firando fu legato ad un palo ed arso vivo. Era il 15 settembre 1622, e moriva all’età di 50 anni, dei quali 30 li aveva spesi nella Compagnia di Gesù e 17 nella missione in Giappone. Fu beatificato da papa Pio IX a Roma il 17 luglio 1867. A Hirado il 25 marzo 1990 è stato inaugurato il monumento al beato Camillo Costanzo, luogo di pellegrinaggio da parte di tantissimi cattolici giapponesi. . Antonio Oppedisano, nella sua “Cronistoria della Diocesi di Gerace”, lo ricorda con ammirazione e così descrive gli ultimi momenti della vita di Camillo:”… la fiamma e il fumo lo tolsero dagli occhi dei riguardanti, ma non per questo cessò di farsi sentire…, fu veduto orare in divotissimo atteggiamento e con volto sereno ed immobile…”.