A Napoli, circa 70 anni fa, si spegneva all’età di 81 anni, il musicista Alessandro Longo. Una figura avvolta dall’oblio, che visse tra la seconda metà del 1800 e la prima del ‘900. Pochissime persone ne conoscono la storia ma cercando alcuni dati biografici si rimane fortemente colpiti dalla complessa personalità di questo protagonista del mondo musicale italiano. Era nato ad Amantea, nel rione Chianura, sito nel cuore della città storica, il 31 dicembre 1864, da Achille, compositore e maestro di pianoforte, e da Teresa Russo. Il padre, che dirigeva fra l’altro una delle due bande musicali di Amantea, avviò presto agli studi musicali il giovane Alessandro, che dimostrò ingegno precoce ed encomiabile volontà. Più tardi, nel 1878, Alessandro si iscrisse al conservatorio napoletano di San Pietro a Majella, dove Beniamino Cesi, per il pianoforte, ed il calabrese Paolo Serrao, per la composizione, furono suoi maestri. Il qualificato ambiente del conservatorio e, soprattutto, “il clima di nobile musicalità”, creato dalla Società del Quartetto, che diffondeva con concerti diretti dal maestro Martucci la musica strumentale, influirono sulla formazione artistico-culturale di Longo e sulla sua creatività musicale. Sull’esempio di Martucci, di Sgambati, di Bossi e Sinigallia l’opera di Alessandro Longo sarà costantemente volta alla riscoperta dei classici e al rinnovamento della nostra musica strumentale. Per ricordare questo grande compositore calabrese, che tanto ha dato alla cultura musicale non solo italiana ma mondiale, la casa discografica milanese “Idyllium” gli ha dedicato un’incisione dal vivo di tre brani cameristici di Alessandro Longo realizzata al Museo Diocesiano di Velletri. Longo è conosciuto per essere stato il primo a mettere in evidenza il repertorio clavicembalistico di Domenico Scarlatti con il recupero, nelle varie biblioteche europee, e la revisione critica, dell’intero corpus delle Sonate, pubblicato dalla casa discografica Ricordi in 11 volumi. L’opera si rivelerà notevolissima per aver fatto conoscere al mondo la produzione del più grande clavicembalista italiano ed influenzerà positivamente la formazione dei più famosi musicisti d’oltralpe. Porta anche a termine la Biblioteca d’oro, una raccolta antologica in volumi delle musiche di tutti i tempi e di tutti gli autori, dai polifonisti cinquecentisti Arcàdelt e Palestrina ai contemporanei Wagner e Verdi. I brani musicali – 700 in tutto – accuratamente scelti e restaurati, vengono dal Longo trascritti per pianoforte e resi noti. I suoi alti meriti d’artista e di uomo di cultura trovano, in seguito, riconoscimento presso l’Accademia Pontoniana e la Società Reale di Archeologia, Lettere e Belle Arti, che lo annoverano nelle loro file.
I suoi modelli preferiti furono Scarlatti, Bach, Schumann, Brahms, Martucci. Pur essendo un estimatore del genio di Wagner, non comporrà opere liriche, convinto com’era che la musica deve essere “scevra da ogni altro elemento ausiliario (poesia, pittura, architettura, mimica, scena, coreografia) per essere degna dell’appellativo di pura”.
Non c’è genere della musica pianistica nel quale non si affermi l’arte del musicista amanteano. Di pari passo segue l’attività di acclamato concertista in Italia ed all’estero. Alla scomparsa di Martucci (1909), la vita musicale napoletana subisce un duro colpo. Il Longo, erede del grande compositore, e titolare, per concorso, della cattedra di pianoforte dal 1897 si impegna a fondo per risollevare la scuola napoletana dalla crisi d’inerzia e di depressione. Nel 1914 fonda, insieme ad altri illustri esponenti dell’arte e della cultura, “Arte Pianistica”, una rivista musicale, che affronta i problemi della musica pianistica e che serve da stimolo nei dibattiti e nelle polemiche fra le opposte tendenze. Il giornale offre al maestro l’occasione “di scrivere pagine scintillanti d’umorismo”. Fra le tante divagazioni letterarie, Longo compose un poemetto di 3000 versi in 21 canti, d’imitazione dantesca, dove, in chiave satirica, descrive un suo viaggio nell’oltretomba fra le anime dei grandi musicisti. Il componimento, che l’autore definisce “un semplice scherzo”, mette invece in evidenza la fertile fantasia, la vasta cultura, il versatile ingegno di questo straordinario personaggio calabrese. Sempre a Napoli fonda la nuova Società del Quartetto, dotandola di un complesso da camera, di cui egli è il pianista. L’iniziativa, pur fra tante difficoltà, promuove, in generosa emulazione, una fioritura di altre istituzioni concertistiche, risollevando la vita musicale napoletana. Il Longo per quasi 40 anni insegnò pianoforte al conservatorio. Alla sua scuola si formarono musicisti celebri come Franco Alfano, Gennaro Napoli, Tito Aprea, Franco Capuana, Antonino Votto, i figli Achille e Miriam e tanti altri. Egli non fu “un gelido pedagogo”, ma il docente-artista che considerò il problema tecnico inscindibile da quello artistico.
Nel 1934 Longo lascia l’insegnamento con il titolo di professore emerito. A distanza di 10 anni, nel 1944, il ministro della Pubblica Istruzione lo nomina direttore del conservatorio, “sconvolto dagli eventi bellici”. L’ottantenne musicista intraprese l’opera di costruzione, ma la nobile fatica fu interrotta dalla sua morte, avvenuta in Napoli, il 3 novembre 1945.
Per molti anni un altro musicista amanteano, il maestro Giorgio Feroleto con grande cura ha raccolto numerosi oggetti preziosi appartenuti allo straordinario artista. Allo stesso tempo chi amministra la cittadina tirrenica non ha trovato il modo d’onorare, questo illustre figlio, né con un busto, né dedicandogli una via o una piazza.