Leopoldo Trieste, (Reggio Calabria, 3 maggio 1917 – Roma, 25 gennaio 2003) è stato un regista, sceneggiatore, drammaturgo e un brillante attore di teatro e di cinema. Come attore vide coronata una lunga e luminosa carriera con il Nastro d’argento e il David di Donatello per L’uomo delle stelle (1995), di Giuseppe Tornatore. Agli inizi aveva lavorato per Fellini in Lo sceicco bianco (1952) e ne I vitelloni(1953), poi collaborò con Roberto Rossellini (Dov’è la libertà…? – 1954), con Nanni Loy (Un giorno da leoni – 1961) e Pietro Germi (Sedotta e abbandonata – 1964). Ha interpretato più di cento film. Dopo la laurea in Lettere, conseguita presso l’università “La Sapienza” di Roma ed aver vinto alcuni premi letterari, Leopoldo Trieste, nel 1941, si diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia della capitale, con il cortometraggio “Vecchia Roma”. Per il teatro scrive alcune opere come : “Una notte ai Quattro di picche”; “Nascere un uomo”, “Ulisse Moser”; “Il lago”; “Racconto d’amore” e “Trio a solo”. Leopoldo Trieste si fece portatore del “realismo in teatro” con rappresentazioni scarne e crude. Un tipo di teatro, come lo stesso Trieste amava definirlo “squadrato coi martelli di pietra”. Il suo testo “La frontiera” venne rappresentato per la prima volta al Quirino di Roma, nel luglio 1945. L’anno seguente, all’Excelsior di Milano veniva rappresentato “Cronaca”, dramma sulla gioventù borghese ai margini del bel mondo romano (Claudio Gora ne ricaverà, nel ‘53, “Febbre di vivere”, pellicola di insolita crudezza per quegli anni). Infine, nel ‘47, viene rappresentata – al Teatro delle Arti di Roma – “N.N” , una vicenda di forte tensione morale che chiude una sorta di ideale trilogia dell’Italia postbellica. Fra la fine degli anni quaranta e gli inizi degli anni cinquanta Leopoldo Trieste si mise in evidenza con una serie di sceneggiature cinematografiche, collaborando a film quali “Gioventù perduta” (1948) di Pietro Germi, “I fuorilegge” (1950) di Aldo Vergano, “Il cielo è rosso” (1950) di Claudio Gora. L’occasione d’esordire nelle vesti di attore gli viene offerta dall’amico Federico Fellini, che gli assegna ne “Lo sceicco bianco” la parte di Ivan Cavalli, il giovane che durante il viaggio di nozze a Roma perde le tracce della mogliettina Wanda. L’anno successivo, sempre con Fellini, indosserà ne “I vitelloni” i panni di Leopoldo, l’intellettuale inconcludente e velleitario destinato a subire le profferte di un anziano capocomico. Successivamente, divenne un ottimo caratterista. Come tale vanno ricordati i ruoli rivestiti, per Pietro Germi in “Divorzio all’italiana” del 1961; è Carmelo Patanè, il pittore con cui il protagonista spinge al tradimento la detestata consorte) e “Sedotta e abbandonata” (1963; è il barone Rizieri, lo spiantato nobiluomo che accetta di fidanzarsi con la ragazza disonorata), oltre a quello del reduce della guerra di Spagna ne “L’uomo delle stelle” (1995) di Tornatore, che gli frutterà un Nastro d’argento ed un David di Donatello. Abile nel ruolo di comico quanto in quello drammatico, misurato e intelligente, Leopoldo Trieste ha dato prova della propria versatilità anche con due non disprezzabili opere cinematografiche, “Città di notte” (1956) ed “Il peccato degli anni verdi” (1960).