Maria Oliverio, nasce a Casole Bruzio, piccolo paese in provincia di Cosenza,il 30 agosto 1841 da Biagio e Giuseppina Scartella. Il 3 ottobre 1858, all’età di 17 anni sposa Pietro Monaco e va a vivere nella frazione Macchia del comune di Spezzano Piccolo. Maria Oliverio, meglio nota come Ciccilla, l’unica brigantessa che abbia assunto un ruolo preponderante nella banda del marito Pietro Monaco. Il suo carisma nasce dal coraggio dimostrato nel difendere il suo onore e il proprio uomo uccidendo “a gacciate” la sorella, amante di suo marito. Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità si è scritto molto su di lei e gli sono stati dedicati convegni e dibattiti. L’aspetto conturbante della vicenda non è solo la sua torbida vicenda personale, la vita avventurosa, gli intrighi e gli intrecci con la politica nel primo momento posto-unitario. Affascina la sua giovane età, essendo nel fiore degli anni, il suo essere donna nell’aspetto e mascolina nel carattere. Nel marzo 1862, pur non avendo commesso in precedenza alcun reato e senza alcun motivo venne arrestata, assieme alla sorella Teresa dal Maggiore Pietro Fumel. Venne rinchiusa nelle carceri del convento di San Domenico (oggi ne restano solo i sotterranei e un tratto di muro) a Celico, per fare in modo che il marito Pietro Monaco si costituisse (come disse Maria nella testimonianza al processo); oppure, come sembra più probabile, per ricattare il marito al fine di uccidere alcuni briganti filo-borbonici (Leonardo Bonaro – che incontrò José Borjes il 5 ottobre del 1861 – e il capobanda Pietro Santo Piluso chiamato Tabacchera). Quest’ultimi furono uccisi subito prima della scarcerazione delle due sorelle. Ciccilla, restò in carcere per due mesi. Uscita di prigione, allora ventenne, uccise la sorella per calunnia in modo orribile, con 48 colpi di scure ed in presenza dei 3 figli della sorella. Si unì alla banda di briganti del marito. Venne accusata di innumerevoli reati: sequestri, rapine violente e a mano armata (chiamate grassazioni), furti, incendi, omicidi, uccisioni di animali domestici. Con la banda del marito, Pietro Monaco, Ciccilla fu protagonista di molti atti di brigantaggio. Il più noto fu il sequestro di 9 persone, tra nobili, religiosi e proprietari di Acri, avvenuto il 31 agosto 1863, essi erano: Michele e Angelo Falcone, rispettivamente il fratello e il padre del patriota ed eroe della spedizione di Sapri, Giovan Battista Falcone, e del maggiore della Guardia Nazionale Raffaele Falcone; Ferdinando Spezzano (che venne subito ucciso); Angelo Feraudo; Domenico Zanfini; Carlo Baffi; due preti, i fratelli Francesco e Saverio Benvenuto) e il Vescovo di Tropea, acrese di origine, Mons. Filippo Maria De Simone che, secondo Alexandre Dumas, “era internato ad Acri, perché imputato di opposizione al governo”. Un’impresa che destò molto scalpore e paura per la neonata Italia, un sequestro di simboli più che di persone Processata a Catanzaro, nel febbraio del 1864, dal Tribunale di Guerra della Calabria Ultra fu condannata a morte. Fra tutti i reati confessò solo l’omicidio della sorella, mentre per tutti gli altri disse di esservi stata costretta. Fu l’unica brigantessa italiana alla quale venne data una tale pena, ma il re Vittorio Emanuele II le concesse la grazia dietro precisa richiesta del generale Giuseppe Sirtori e del Giudice della Corte d’Appello di Catanzaro, Nicola Parisio, (zio di uno dei suoi facoltosi sequestrati) commutando la pena di morte in ergastolo (“lavori forzati a vita”) forse scontato presso il Forte di Fenestrelle, in Val Chisone, dove secondo alcune mere ipotesi prive di prove, forse, si spense quindici anni dopo intorno al 1879. In effetti non esistono documentazioni certe che ci possano far risalire alla vera, successiva storia della sua vita o ai dati relativi alla sua data di morte o luogo di sepoltura. L’autore Peppino Curcio con il suo “Ciccilla” ha fornito lo spunto per dare un senso alla tragica vicenda di questa donna e del brigantaggio meridionale subito dopo l’Unità. Questo secolo e mezzo ha visto grandi cambiamenti, ma tuttora la donna è affetta da una condizione di minorità evidenziata dalla difficoltà di far esplodere tutte le sue potenzialità. Il bassissimo tasso di occupazione femminile testimonia che la società utilizza marginalmente il loro contributo, che potrebbe risultare determinante per indurre una accelerazione dello sviluppo e della crescita civile e democratica del Mezzogiorno italiano.