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  • L’UMANO CHE VERRA’

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    C’è qualcosa, in questo retrogrado e poco motivante mondo, che proprio non va. Qualcosa che gira male, qualcosa che impedisce  lo sviluppo e la crescita positiva dei più giovani. Qualcosa che genera una preoccupante demotivazione. Qualcosa che favorisce un frustrante sistema anti-uomo. Tutte le volte che ci si pone il problema di modificare  il sistema politico dei paesi liberal democratici, ci si trova di fronte ad una scelta di metodo: l’alternativa tra la linea politica sostanzialmente marxista e quella sostanzialmente anarchica. Questo contrasto sembra essere ancora attuale. L’evidente fallimento dei governi socialisti di alcuni Stati e dei partiti “socialisti” o “comunisti” nei Paesi dell’area capitalista sono esperienze storiche che oggi permettono una riflessione, alla quale non ci si può sottrarre senza rischiare di cadere nel ridicolo o, peggio ancora, nella malafede. Certo è che lo Stato è di secondaria importanza non essendo altro che uno strumento, di cui la classe dominante si serve per proteggere i propri interessi. In un mondo siffatto, il fine di una persona attenta e sensibile, deve essere la comprensione della società umana. Quest’uomo dovrà essere molto simile all’orco di una delle tante fiabe. Egli saprà che là dove fiuterà carne umana, là sarà il suo cibo . Sono gli uomini che la storia vuole afferrare, sperando , grazie allo studio del loro agire nel tempo, di poterne in qualche modo prevedere i comportamenti futuri. Ciò che rivela delle contraddizioni a cui non è possibile far fronte e che non può in alcun modo essere salvato, va abbattuto, proprio come un corpo cancerogeno agonizzante privo di ogni possibilità di salvezza. E come nel caso di una costruzione mal progettata e mal costruita e che è vacillante. Non solo si ha la certezza matematica che cadrà, ma ci si deve anche adoperare affinché crolli al più presto, in modo tale da sostituirla con un edificio solido e dalle fondamenta stabili. Così si presenta oggi il capitalismo agli occhi delle persone: come un edificio pericolante che non deve essere riparato (troppe contraddizioni) ma abbattuto, in modo tale da accelerare la sua caduta. Le contraddizioni del sistema capitalistico sono molte, prima fra tutte la concorrenza. Il capitalismo, come è noto a tutti, si fonda sull’idea concorrenziale secondo cui ciascuno gode della possibilità di inserirsi sul mercato, di contrattare in assoluta libertà e di vincere la concorrenza tenendo i prezzi più bassi o offrendo merci più pregiate. E tuttavia, se letta in trasparenza, la storia insegna che la concorrenza stessa, per sua inclinazione naturale, tende a ridursi sempre più, fino a sfociare nell’oligopolio o, nel peggiore dei casi, nel monopolio. Questo avviene grazie ad accordi, a truffe, a raggiri che portano all’eliminazione delle parti deboli e all’affermarsi sempre maggiore delle grandi aziende, che si accordano tra loro per rimuovere dal mercato i concorrenti. Ne consegue che, paradossalmente, vien meno la concorrenza, ossigeno del capitalismo: per un assurdo meccanismo, la logica capitalistica, imperniata appunto sul sistema concorrenziale, nega se stessa, capovolgendosi in oligopolismo, ovvero negazione della concorrenza.  Un’altra insuperabile contraddizione che contraddistingue il sistema capitalistico consiste nel fatto che, a partire dalla nascita delle industrie con l’avvento della rivoluzione industriale, il lavoro in fabbrica è diventato sempre più, con il passare degli anni, cooperativistico, mentre il frutto di tale lavoro è diventato in misura crescente proprietà privatistica: come a dire che, nel sistema capitalistico, sono sempre più persone a produrre, attraverso forme di collaborazione, ma il frutto di tale lavoro è appannaggio di sempre meno individui privilegiati. Ciò implica che si apre sempre più la forbice tra modo di produzione e distribuzione della ricchezza. Quello che si sta consolidando sempre più è qualcosa che Marx scrive nel Manifesto: “chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora”; e dunque bisognerà pensare  all’abbattimento di questo sistema, rigurgitante di soprusi, prepotenze e sfruttamento. L’umanità non è al calar del sole, ma forse alle prime luci del nuovo giorno.  E l’aurora  è un ora triste e difficile, compiacente alle inquietudini e ai cedimenti: ma è anche il momento che decide come sarà il giorno.
    “Come gli intellettuali, i lavoratori e gli artisti moderni stanno giocando su una carta sola, con molto coraggio e molta determinatezza, il destino di tutti quei valori che formano il patrimonio dell’umanità”. L’essere umano scoprirà a quali condizioni, forse durissime, quei valori potranno sopravvivere e tramandarsi. Con l’avvento della nuova società, il dominio dell’uomo tenderà ad espandersi sulla natura, mettendo fine allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Con la scomparsa dello Stato liberal democratico, sparirà anche la politica come gioco della lotta di classe e si passerà ad un vivere sociale, in cui manca lo Stato, ma non il governo; è infatti impensabile una società in cui ciascuno faccia ciò che gli pare, tanto più che anche solo per produrre del cibo che possa sfamare i componenti di tale società è necessario prendere decisioni agendo criticamente.  Il senso critico avrà una sua validità se si riuscirà a vederlo come funzione. Il pericolo di una morte del “fare” umano incluso quello dell’arte non deve esser visto come un falso allarme. Quel pericolo non sarà la morte naturale, per l’esaurimento e l’incapacità umana, bensì  sarà un morire che verrà messo in atto dal potere della classe dominante che si opporrà fino in fondo alla propria disfatta e sparizione.  A tale proposito, vi invito a richiamare alla mente, l’immagine del cow boy comandante che sceglie come sua ultima cavalcata un missile lanciato sulla Russia nel film di Stanley Kubrick “Il Dottore Stranamore”.

    Gigino A Pellegrini & g el Tarik

     

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