Beaumont sur Mer12 luglio 2017
In queste ultime settimane sento sempre più spesso espressioni come: “anti-Amanteano”, “sfascista”, “irresponsabile”, invettive indirizzate a persone che denunciano dei fatti gravissimi come l’inquinamento del mare di Ulisse, l’immondizia sparsa per le strade, l’odore nauseabondo della putrida rete fognaria e le migliaia di buche che ormai fanno parte del tessuto cittadino. Questo accanimento contro persone che fondamentalmente vogliono bene al proprio paese e vorrebbero che le cose migliorassero, lascia trapelare un egotismo senza freno da parte di una bella fetta di popolazione arruffona e sbrodolona che non sa neanche cosa sia un sentimento profondo come l’amore per gli altri e per il proprio paese.
L’intero concetto di amore per la propria terra è costruito attorno al concetto di difesa collettiva. Il concetto di autoconservazione dove sacrificare certi diritti per ottenere maggiori benefici. L’amore per la propria terra in questo caso costruisce una robusta difesa per proteggere il “paese natale”. La gente lavora per l’amore del paese per creare posti di lavoro e raccogliere i benefici nel suo complesso. Così logicamente se si desidera mantenere una parte di un sistema funzionante e trarre vantaggi dagli sforzi collettivi: energia elettrica, acqua pulita, difesa, legge e ordine, trasporti pubblici ecc. Dovresti amare il tuo paese.
Tutti conoscono l’espressione “nemo propheta in patria”. E’ una locuzione in lingua latina che significa: “Nessuno è profeta in patria. L’espressione vuole indicare la difficoltà delle persone di emergere in ambienti a loro familiari; in ambienti estranei viene generalmente assunto che sia più facile far valere le proprie capacità e qualità. E’ un’espressione tratta a dai Vangeli : tutti e quattro riportano, direttamente o indirettamente, questa frase di Gesù di Nazaret nell’occasione della visita alla città di Nazareth dove partecipava alla liturgia della sinagoga. Matteo: E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». Marco: Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». Luca : Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria». Giovanni : Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. Il contesto dell’affermazione è nelle note riassuntive della visita di Gesù alla sua città di Nazaret, dove partecipò alla liturgia della sinagoga e applicò a sé la profezia di Isaia riguardante il dono dello Spirito Santo al Messia del Signore. La reazione dei nazareni è di rifiuto, e lì Gesù pronunciò la frase in questione.
Invece in Giovanni l’affermazione appare nel contesto generico di un ritorno a Nazaret di Gesù dopo una festa di Gerusalemme. Ancor oggi simile espressione viene usata da coloro che vedono il proprio operato non apprezzato da chi sta più vicino: famigliari, colleghi, amici…Essendo il successo, la fama, come qualcosa fuori dell’ordinario, stentiamo ad attribuire queste doti ad una persona che vive la nostra stessa vita ordinaria. Le attribuiamo più facilmente a chi non conosciamo affatto e viene da lontano. Avere la propria Terra nel cuore significa sentire forte l’appartenenza e portare le radici dentro di sé, in qualunque parte del mondo ci si ritrovi ad essere, a nascere, a vivere, ad amare e anche a morire. E’ un legame inscindibile dal proprio Dna, esattamente come avviene per il proprio gruppo sanguineo. La propria Terra tale e quale al proprio sangue, diviene un’identità, un’ appartenenza, una necessità ed anche una priorità. Solo le qualità che sorgono dalla nostra attività spontanea danno forza all’io e formano per tanto la base della sua integrità. L’incapacità di agire spontaneamente, di esprimere quel che veramente si sente e si pensa, è la conseguente necessità di presentare uno pseudo io agli altri e a se stessi, sono la radice del sentimento di inferiorità e di debolezza.
Gigino A Pellegrini