Nanaimo sept 2016
Credo che legittimamente ci si possa chiedere se la rivoluzione marxista sia inevitabile o meno. I requisiti di una sfera altamente efficiente e automatizzata di produzione è raggiungibile, come è dimostrato dal rapido avanzamento della robotica e l’automazione del computer nella produzione industriale. Allo stesso modo, non abbiamo bisogno di spremere la nostra immaginazione per dire che in realtà abbiamo la conoscenza e l’abilità tecnologica per poter produrre alimenti tali da nutrire tutti gli abitanti del pianeta. Si può inoltre chiedere, come fece il filosofo Herbert Marcuse, nel suo “L’uomo a una dimensione”, se questi risultati ci porteranno più vicini alla liberazione o ci spingeranno pesantemente sotto l’influenza di coloro che controllano l’uso della nuova tecnologia. La risposta a questa domanda dipenderà dal fatto se la tecnologia potrà rendere il raggiungimento della coscienza di classe impossibile per i lavoratori. Per Marx, anche se sono state raggiunte le condizioni economiche e produttive per la liberazione, nessuna vera rivoluzione è possibile senza il proletariato, che rappresenta la maggioranza dell’umanità, raggiungendo una coscienza di sé come classe. “ Tutte le liberazioni dipendono dalla coscienza collettiva di servitù”, come scrive Marcuse. In passato il Capitalismo ha sempre risposto a crisi come la sovrapproduzione in vari modi: distruggere i mezzi di produzione, conquistare nuovi mercati, o in modo più efficiente, sfruttando i mercati già esistenti. Marx riteneva che questo avrebbe creato un semplice stallo all’inevitabile e che le crisi future sarebbero state molto più severe e difficile da superare per il capitalismo che ha trasformato la natura nel corso degli anni, cosi come ha trasformato il lavoro e le classi sociali. Il capitale, nella sua fase avanzata di sviluppo storico, ha interferito, si è appropriato, ha manipolato, ha insozzato l’ambiente naturale della terra a tal punto che è sempre più difficile trovare un solo aspetto, una sola parte che non sia stata modificata in un modo o nell’altro. Questo cambiamento, questa depredazione della natura da parte del capitale, ad oggi, ha provocato una tale catastrofe agli ecosistemi naturali del mondo, che si sono evoluti in modo interconnesso, altamente complesso e insufficiente che la questione della sostenibilità stessa dei processi economici, in relazione con l’ambiente naturale, è diventata una preoccupazione sempre più importante per la stessa classe di potere. Le nuove tecnologie e la conoscenza scientifica alla base del suo sviluppo, l’idea della conquista potenziale o della dominazione della natura da parte dell’umanità, ha visto l’alba, non solo come sogno. Senza entrare nei dettagli e nelle date, sappiamo che un certo numero di invenzioni tecniche nel periodo di ascesa della borghesia in seno alla società feudale diedero, a coloro che le dominavano, un enorme potere socio-economico e produttivo rispetto a quello che esisteva prima. Il crescente dominio sulla natura dell’economia ha portato ad un crescente dominio sul resto della società, e in ultima analisi, alla supremazia politica. Una tecnologia specificamente capitalista, quindi, è una tecnologia che è specifica del modo di produzione capitalistico propriamente detto, in cui prevale il dominio reale del capitale. Ma allora, cosa è la tecnologia, se può assumere forme diverse nella storia, in contrasto con una tecnologia che crescerebbe continuamente, in modo progressivo? Nel momento in cui una nuova tecnologia rotola, se non si è a bordo del rullo compressore, si è parte della strada. La necessità deriva dal cambiamento climatico, potenzialmente disastroso per la civiltà. Se il mondo starà bene, la vita andrà bene. Probabilmente perderemo grandi quantità di specie, e le foreste pluviali scompariranno se il clima continua a surriscaldarsi. Quindi è un problema globale, un fenomeno globale. Non succederà in un’unica zona del mondo. La prospettiva planetaria ora non è solo estetica. Non è solo la prospettiva. In realtà è un problema di dimensioni mondiali e richiederà soluzioni globali che coinvolgeranno forme di governo ancora inesistenti. Si tratterà di tecnologie che noi semplici cittadini possiamo solo intravvedere: i PC, I Pad, il Web e quant’altro. Anche alcuni ecologisti hanno cominciato a coniare parole come ingegneria eco sistemica. In natura i castori già lo fanno, come pure i lombrichi. Nel 1968 Stewart Brand, un hippie a dir poco geniale, rivoluzionò l’ informazione con una pubblicazione “Whole Earth Catalog“, senza pubblicità e a basso costo. All’interno del catalogo furono raccolti ed elencati i migliori attrezzi e libri che si potevano trovare al mondo con immagini, analisi ed usi, prezzi e fornitori. Il lettore inoltre poteva ordinare alcuni articoli direttamente per posta attraverso il catalogo. In quell’anno vendette mille copie a cinque dollari ciascuna. In ogni edizione del catalogo si esaminavano centinaia di prodotti. Le idee di Brand anticiparono molte delle istanze che sarebbero diventate di attualità con l’avvento di Internet. Di questo mezzo infatti, e di molte spinte innovative di cui il Web si fece portavoce, Brand fu un autentico precursore. Brand ha sempre creduto nell’importanza della disponibilità delle informazioni, come lo strumento necessario ad abbattere il sistema dello sfruttamento dell’uomo su l’uomo e alla conquista della libertà. Per tale motivo il patrimonio del sapere e della conoscenza deve essere condiviso dal numero più ampio possibile di persone. Solo attraverso una conoscenza veramente accessibile ed aperta a tutti sarà possibile avanzare sulla strada dell’emancipazione sociale, politica e culturale.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik